Pubblicato il 20/02/14e aggiornato il

Origini della lingua italiana, dal latino scritto al volgare

La lingua italiana così come la conosciamo si è formata grazie all'evoluzione del latino volgare.

Un tempo vi erano due forme: quella scritta (che era il latino letterario) e una parlata (che era il latino volgare).

Il primo era utilizzato da persone molto istruite, appartenenti ad un livello sociale agiato. Il secondo, invece, era utilizzato dalla gente comune, dal popolo.

Con la diffusione delle colonie romane in tutta Europa, i militari, le persone che si spostavano verso questi nuovi territori, portarono con sé il latino volgare, quello parlato.

Mentre la versione scritta rimaneva intatta nel tempo, con le sue regole, l'altra versione tendeva, a seconda dei luoghi e in base alle altre lingue che incontrava, a subire variazioni, modifiche delle parole, dei termini, dei modi di dire.

Basta pensare a tutti i vocabolari che oggi vengono utilizzati in Europa, molto diversi l'uno dall'altro ma derivanti dalla stessa radice, il latino. In alcuni paesi è maggiormente presente, in altri meno.

Esistono oggi numerose parole tedesche, inglesi, spagnole, francesi, che derivano dal latino.

Il vero "Big Bang" è avvenuto con la fine dell'Impero Romano, a partire dal V secolo (400-500 d.c.). Senza più collegamenti con la capitale, Roma, con la dispersione dei popoli e il formarsi di nuove città, imperi indipendenti, ogni Paese si è creato la propria lingua, con le variazioni che nel tempo hanno portato a quelle conosciute nell'epoca contemporanea.

Nacquero così sei lingue neolatine: portoghese, spagnolo, francese (o d'oil), il provenzale (o d'oc), il rumeno e l'italiano.

Da quel momento in poi il latino subì notevoli trasformazioni, come ad esempio l'eliminazione della forma passiva del verbo o l'introduzione delle rime e delle strofe.

I primi documenti che testimoniano l'utilizzo del volgare italiano risalgono al X secolo, anche se alcune parole e frasi vennero utilizzate già a partire dal VI secolo. Un documento che è giunto fino a noi, come prova dell'esistenza di questa nuova lingua, è la "Carta di Capua", dove troviamo questa frase:

"Sao co kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti"
(So che quelle terre per quei confini che qui contiene, trent'anni le possedette la parte di San Benedetto)



Altre prove sono contenute nella "Carta di Sessa Aurunca" e nella "Carta di Teano".

Ad un certo punto la lingua italiana prese il posto del latino. Dante Alighieri le diede il nome di "volgare illustre", che divenne poi il "fiorentino". Questo passaggio è avvenuto per diversi motivi. Ad esempio, con la creazione nel tardo medioevo (1300/1400) di tanti stati sul territorio italiano, prese piede l'esigenza, soprattutto nei rapporti commerciali tra i vari ducati e regni, di trovare un modo univoco di comunicare. All'epoca ognuno aveva il suo dialetto e non ci si capiva molto bene. Tuttavia, dovendo fare affari, comprare e vendere, sarebbe stato importante comunicare con una lingua riconosciuta da tutti.
Decisive furono la Corte di Federico II in Sicilia e lo Studio di Bologna, che accoglievano giudici, studenti, notai di ogni stato italiano. Si giunse così alla creazione, pian piano, di termini e forme grammaticali utilizzabili dai vari interlocutori.

Altro passo fondamentale verso la formazione della lingua italiana fu l'affermarsi della Toscana, rispetto alle altre regioni, sia a livello politico che economico e artistico. La sua posizione centrale, poi, favorì ancor di più la sua supremazia.
E infatti, oggi a scuola, studiamo, per la lingua italiana, Dante Alighieri (nato a Firenze tra il 22 maggio e il 13 giugno 1265, morto a Ravenna il 14 settembre 1321), Giovanni Boccaccio (nato a Firenze il 16 giugno 1313, morto a Certaldo il 21 dicembre 1375) e Francesco Petrarca (nato ad Arezzo il 20 luglio 1304, morto ad Arquà il 18/19 luglio 1374).
Tre toscani che consideriamo un po' come dei padri della nostra lingua.

Curiosità
Dal latino volgare derivano numerose lingue oggi utilizzate in diverse parti del mondo.
Pensiamo al portoghese, allo spagnolo, al catalano, al provenzale e il franco-provenzale, nonché al francese, e poi il ladino, il sardo, ovviamente l'italiano, e poi il dalmatico (che però non esiste più) e il rumeno.
Se poi pensiamo, ad esempio, all'italiano che è a sua volta suddiviso in molti dialetti, riconosciuti come vere e proprie lingue, allora si può capire quante ramificazioni abbia raggiunto quell'unica lingua, che è il latino.

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