Pubblicato il 04/12/25e aggiornato il

Cosa sono gli acceleratori di particelle? Una spiegazione semplice

Gli acceleratori di particelle sono tra le invenzioni più sorprendenti della scienza moderna.
Forse ne avete sentito parlare, magari pensando al CERN, in Svizzera, il luogo dove migliaia di ricercatori studiano i segreti più profondi dell’universo.

In queste righe proveremo a capire come funzionano questi straordinari strumenti e perché sono così importanti — partendo da una stimolante informazione: la direttrice generale del CERN è la fisica italiana Fabiola Gianotti, un vanto per la nostra nazione.

Sommario

Scopo degli acceleratori di particelle

Una delle realizzazioni più straordinarie della fisica moderna è costituita da speciali macchine che permettono agli studiosi di indagare la struttura della materia a livelli sempre più profondi. Queste macchine — gli acceleratori di particelle — non “spaccano” soltanto i nuclei degli atomi, ma consentono di creare e osservare particelle nuove, studiare le loro interazioni e mettere alla prova i modelli teorici della fisica contemporanea.

Per ottenere tali risultati occorre lanciare contro la materia dei proiettili estremamente piccoli: particelle elementari come protoni, elettroni o ioni. Non basta averne a disposizione una certa quantità: è necessario che queste particelle colpiscano i bersagli a energie elevatissime, così da penetrare nel cuore degli atomi e far emergere informazioni sulla loro struttura. In altre parole, i fisici devono “lanciare” particelle come se fossero sassi scagliati da una fionda contro un bersaglio microscopico.

Paradossalmente, mentre le particelle sono tra gli oggetti più piccoli dell’universo, le macchine costruite per accelerarle sono tra le più grandi e complesse mai realizzate dall’uomo.

L'acceleratore circolare di Frascati

FOTO 1. Elettrosincrotrone di Frascati

Una visione d’insieme dell'elettrosincrotrone dei Laboratori Nazionali di Frascati dell’INFN. La sua caratteristica forma ad anello lo identifica come un acceleratore circolare. In dispositivi di questo tipo le particelle vengono accelerate fino a velocità prossime a quella della luce (circa 300.000 km/s). I blocchi schermanti attorno all’apparato sono progettati per proteggere il personale dalle radiazioni prodotte durante il funzionamento. È stato il primo costruito in Italia.

Un’idea visiva dei fenomeni

Per capire cosa accade durante queste collisioni, immaginiamo un mucchio di palline di varie dimensioni, tenute insieme in parte da un po’ di colla. Se lanciamo contro di esse una palla lenta, probabilmente non accadrà nulla; ma se la palla arriva con molta energia, potrà demolire il mucchio, staccarne alcune parti o dispersarlo completamente. La situazione diventa ancor più complessa se immaginiamo che le palline del mucchio siano tutte in rapido movimento: proprio ciò che accade nel nucleo degli atomi.

Allo stesso modo, le particelle accelerate fungono da “proiettili” che, colpendo altre particelle o nuclei, permettono di studiarne le componenti fondamentali.

Perché servono acceleratori sempre più potenti

Gli acceleratori moderni sono progettati per raggiungere energie sempre più alte, perché solo collisioni più violente permettono di sondare scale subatomiche più piccole e di produrre particelle sempre più pesanti. Oggi questi strumenti non servono soltanto per osservare i nuclei atomici, ma anche per verificare teorie come il Modello Standard e per cercare nuovi fenomeni fisici.

Il principio alla base del loro funzionamento rimane sorprendentemente semplice: sfruttare l’attrazione e la repulsione delle cariche elettriche per accelerare particelle cariche (come elettroni o protoni), e utilizzare campi magnetici per indirizzarne la traiettoria.

Il principio dell'acceleratore lineare

Immaginiamo un lungo tubo in cui sia stato creato un vuoto estremamente spinto. Il vuoto serve a evitare che le particelle perdano energia urtando molecole d’aria. Se colleghiamo il tubo a un circuito ad alta tensione e immettiamo particelle vicino al polo positivo, esse verranno respinte dal positivo e attratte dal negativo, accelerando rapidamente lungo una traiettoria rettilinea. Questo dispositivo è un acceleratore lineare (LINAC ).

I LINAC moderni sono fondamentali, sia come macchine autonome sia come sezioni iniziali dei più grandi acceleratori circolari, perché permettono di “preparare” i fasci di particelle prima che siano immessi in anelli più complessi.

Acceleratori circolari: ciclotroni, sincrotroni e oltre

Per raggiungere energie molto più elevate rispetto a quelle ottenibili con un acceleratore lineare, si possono costruire acceleratori in cui i fasci vengono fatti circolare ripetutamente. Le particelle in movimento possono essere deviate da potenti campi magnetici: sfruttando questo principio si realizzano gli acceleratori circolari.

Schema di un acceleratore lineare
FOTO 2. Schema di un acceleratore lineare.
In un acceleratore lineare (LINAC) le particelle compiono un percorso rettilineo, suddiviso in tre sezioni principali: sorgente, dove vengono prodotte le particelle; sistema di accelerazione, costituito da una successione di cavità elettromagnetiche che incrementano l’energia del fascio; bersaglio, ossia la zona in cui le particelle vengono dirette una volta raggiunta l’energia desiderata.

Il ciclotrone, inventato negli anni ’30, faceva percorrere alle particelle traiettorie circolari sempre più ampie. Nei moderni sincrotroni, invece, le particelle percorrono sempre lo stesso anello, mentre i campi magnetici crescono man mano che la loro energia aumenta.

Schema di funzionamento del ciclotrone
FOTO 3. Schema di funzionamento di un ciclotrone.
Nel ciclotrone la sorgente è al centro dell’apparato. Le particelle vengono accelerate attraversando ripetutamente due semiconduttori metallici detti “dee”, mantenute a opportuna differenza di potenziale. Un forte campo magnetico costringe le particelle a compiere traiettorie a spirale fino a raggiungere energie sufficienti, momento in cui vengono estratte e indirizzate verso un bersaglio.

Questi acceleratori possono portare le particelle a velocità estremamente vicine a quella della luce. È importante ricordare che, secondo la relatività, la massa “relativistica” di una particella aumenta con la velocità: per questo motivo non è possibile accelerarla oltre un certo limite, benché oggi si raggiungano energie milioni di volte superiori a quelle degli acceleratori storici.

Perché servono fasci di tante particelle

Gli acceleratori non maneggiano particelle singole, ma vere e proprie nuvole di miliardi di particelle: fasci molto concentrati. Questo perché i nuclei atomici sono minuscoli e molto distanziati gli uni dagli altri; di conseguenza, la probabilità di una collisione utile è molto bassa. Come se, per colpire una nave lontana sparando alla cieca, si utilizzasse una batteria completa di cannoni anziché un solo pezzo.

Acceleratore lineare, ciclotrone e sincrotrone

Nel 1930 il fisico norvegese Rolf Widerøe inventò l’acceleratore lineare, mentre l’americano Ernest Lawrence progettò il ciclotrone. Entrambi segnarono tappe fondamentali nella storia degli acceleratori.

Negli anni Settanta il sincrotrone a protoni del CERN, con un diametro di circa 200 metri, era tra le macchine più potenti mai costruite. Da allora la tecnologia ha compiuto passi enormi: oggi l’acceleratore più famoso è il Large Hadron Collider (LHC), sempre al CERN, un anello sotterraneo di 27 chilometri, in grado di accelerare protoni fino a energie di diversi trilioni di elettronvolt (TeV).

Rispetto a qualche decennio fa, con "300 miliardi di volt-elettroni", oggi gli esperimenti raggiungono energie di circa 6.8 trilioni di elettronvolt per fascio — oltre venti volte superiori — permettendo scoperte come quella del bosone di Higgs.

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